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Vita e morte a Venezia

Updated: May 5, 2021

Lica Cecato è una musicista e artista di arti visive brasiliana. Vive tra Rio de Janeiro, Venezia e Tokyo. Ovunque, per un anno, ha visto il mondo entrare in questa notte insolita. La racconta attraverso un testo e con immagini.

Vita e morte a Venezia

Momenti fuggenti e leggeri. Tavolini e sedie impilate, in lontananza un uomo col cappello, vestiti appesi sul filo del bucato……A chi apparterranno? Ad una casalinga stranita, un uomo ingrigito, un bimbo depresso, un adolescente che sogna di avventure? Vivono tutti in clausura in queste case, escono solo se necessario. All’improvviso mi ritrovo con loro su quello stenditoio e già mi sento meno sola.




Talvolta mi diverte camminare dentro l’ombra, a volte dentro la luce. Certe strade sono così anguste che la cosa diventa impraticabile. Desisto e provo a immaginarle come dei tunnel anche perché molte di esse terminano in vicoli ciechi, direttamente sul canale. La città è stata costruita per chi possiede una barca. Qui, si cammina sull’acqua. Una sorta di miracolo.

Passeggio ogni giorno per le strade vuote di Venezia, una città che amo e frequento da quattro decenni. Qui ho fatto una serie di foto su carta Fabriano per l’esposizione “Riflessioni e Riflessi” tenuta a Rio de Janeiro al Martha Pagy Escritorio de Arte. Si è aperta il 10 marzo 2020…..una settimana prima del primo isolamento. Queste immagini non mostrano che riflessi sull’acqua di Venezia, con il loro mistero e i loro effetti, nessun personaggio vi è raffigurato. A posteriori vi ho letto come una sorta di presentimento. Non vi rimaneva altro che la bellezza affascinante della città, spoglia dei suoi abitanti. Un riflesso nell’acqua non possiede il calore del corpo umano, è una scultura mobile che muta in continuazione, scompare e rinasce ogni secondo, evanescenza che è un dono formidabile per coloro che vivono qui.



Ho vissuto la pandemia in tre Paesi molto diversi, il Giappone, l’Italia e il Brasile. Ma Venezia ha reagito in maniera peculiare alla situazione. E’ divenuta un romanzo privo di personaggi, un quadro abbandonato dalla vita, un’opera che è andata nella direzione sbagliata. Non ci sono chiavi per uscire da questa trappola, né parole. Solamente le immagini, forse……

Spostare la sedia, girare il tavolo, sedersi sul divano, riordinare gli armadi, guardare fuori dalla finestra e dalla finestra vedere altre finestre. E poi cucinare, lavare, suonare la chitarra, fare un disegno, guardare un film, scrivere, accendere la tv, alzarsi, pulire, ascoltare la musica, portare fuori la spazzatura. Innamorarsi di qualcuno mai incontrato nella vita reale, o almeno non finché la pandemia non sarà finita. Scappatoie.



In ogni aeroporto che ho attraversato, le stesse scene da fine del mondo, negozi chiusi, corridoi infiniti, silenziosi e deserti. Il silenzio ha inghiottito tutto.

Il Carnevale che non arriva, la nostra Pasqua solitaria, la nostra estate indubbiamente rovinata. Gli angeli spariscono nelle pietre, le porte si chiudono, uno straniero si perde, un gabbiano attraversa il cielo e nello stesso momento la nostra volontà, i nostri gusti, i nostri desideri evaporano. Il sangue dei giornali va a macchiare la luna. Nessuno vuole soffrire. Esiste probabilmente un luogo dove possiamo dormire, sognare o agitarsi, ma non è qui e né ora.



Contagio nelle stive delle navi, nei corsi d’acqua, negli aerei. Noi portiamo la morte.

Qui, un altro tavolo e due sedie di legno. Le pietre raccontano storie millenarie, il legno racconta la storia di quegli anziani che, proprio ieri, si incontravano per giocare a carte, raccontare barzellette, bere un bicchiere di vino.

Le vetrine del mondo sono vuote.

Il mondo si è fermato in una pozza di sangue.




Traduzione italiana dell'articolo pubblicato il 18/04/2021 in francese https://delibere.fr/photo-venise-pandemie/


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